Hotel Rwanda - Commenti al Film

Questo film quasi ci “costringe” a raccogliere diverse sollecitazioni piuttosto pesanti e a riflettere su molte verità.
Non le metto in ordine di importanza, ma come mi affiorano alla mente immediatamente dopo la visione del film. Una cosa che mi ha colpito è l’indifferenza del mondo occidentale nei confronti di questa tragedia. La storia, anche piuttosto recente, c’insegna che i potenti intervengono solo laddove ci sono propri interessi da tutelare (politici, economici, di potere).
Dove non c’è denaro o petrolio o altre fonti da sfruttare, qualsiasi vicenda cade nell’oblio e nell’indifferenza.
Emblema di questa situazione è la frase pronunciata dal telecronista francese: “Se la gente vedrà quel servizio, prima resterà colpita e dirà: -Oh, mio Dio!- poi continuerà a cenare”.
Pensando al Vangelo mi viene in mente la parabola del buon Samaritano: un sacerdote e un levita, persone che hanno “voce in capitolo” per il ruolo importante che svolgono nella società ebraica del tempo, vedono il ferito sul ciglio della strada e passano oltre con indifferenza. Non si sporcano le mani, non si prendono cura di lui perché per loro quell’uomo è nessuno, non ha alcun valore, a loro non “serve”.
Nel film abbiamo sentito le parole terrificanti e amare del generale dell’ONU a Paul: “Per noi siete sterco e immondizia. Per l’Occidente voi non avete valore”.
Ben diversa è la logica del Vangelo, per il quale ogni persona ha un valore immenso e unico perché per il Padre che è nei cieli ognuno è figlio e come tale il Padre lo ama e ne ha cura: “Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri” (Lc 12, 7).
È anche sconcertante l’appellativo “scarafaggio” col quale la milizia Hutu manifesta il disprezzo nei confronti dei Tutsi.
È molto forte quello che Gesù dice nel Discorso della Montagna a proposito di chi uccide non solo privando gli altri della vita, ma anche privandoli della loro dignità:
“Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna” (Mt 5, 21-22).
Tra i vari gruppi che hanno – o non hanno – ruoli e pesi diversi nella drammatica vicenda del Rwanda: gli Hutu da una parte con la loro feroce milizia che ha come unico obiettivo lo sterminio dei Tutsi, gli occidentali che si considerano estranei alla vicenda e si ritirano tutti, le esigue forze ONU che hanno l'ordine di non usare le armi e quindi la loro presenza è praticamente inutile, emerge la figura di Paul Rusesabagina, che rischia la propria vita, quella dei familiari e di coloro che lo affiancano e, come il Samaritano del Vangelo si prende cura dello sconosciuto ferito, egli si prende cura di un migliaio di profughi, accolti e nascosti nell'hotel, e poi condotti a mettersi in salvo oltre il confine.

Paul non esita a investire ogni bene posseduto, ogni ricchezza, ogni appoggio, per salvare la sua famiglia e i tanti profughi. Per salvare chi era sull'orlo dell'abisso, Rusesabagina si è servito della sua astuzia, delle conoscenze, delle simpatie guadagnate lungo anni di servizio impeccabile. Ancora una volta vengono in mente alcune parole di Gesù “Procuratevi amici con la disonesta ricchezza” (Lc 16, 9).
Non le avevo mai capite veramente prima d’ora e la visione di questo film me ne ha dato la chiave di lettura.
Per noi cristiani, che non possiamo considerarci tali se non ci prendiamo cura delle ferite dei nostri fratelli e se non ci sporchiamo le mani con loro il dolore, la prospettiva è l’accoglienza di Cristo Signore al termine del nostro percorso terreno: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Mt 25, 34-36.40).
E fratelli più piccoli sono tutti coloro i quali, in qualunque momento e in qualsiasi luogo, hanno bisogno che ci prendiamo cura di loro, mettendoci in gioco anche quando il rischio…è alto!

Mi piace concludere con una frase di Paul che mi ha toccato profondamente: “C’è sempre posto!”.
Nella mia vita, nel mio cuore, nella vita e nel cuore di un cristiano deve esserci sempre posto per l’altro.

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