È senz’altro una storia dura, drammatica, ma una storia di coraggio assoluto, senza compromessi, un coraggio incondizionato, dal sapore quasi evangelico.
Il coraggio non di una persona adulta, “navigata” della vita, ma il coraggio di una ventenne!
Mi è venuto più volte spontaneo l’accostamento tra la vicenda di Sophie (e di tutti coloro che come lei sono stati sacrificati dal nazionalsocialismo – e da tutti i regimi totalitari -) e la condanna a morte di Gesù. Nel film l’investigatore Mohr dice a Sophie, che chiede il motivo di tanta violenza e tante condanne, che “così prevede la legge”. È la giustificazione che il Sinedrio adduce come motivo di condanna a morte di Gesù e, come Ponzio Pilato, anche Mohr si lava le mani, lasciando che quattro giovani vite siano trucidate.
Direi che l’elemento che più di tutti s’intreccia in questa trama è la FEDE:
Questa fede, in tutti i suoi aspetti, è quella che dà la forza a Sophie – e non solo a lei – di affrontare la condanna a morte.
Mi colpisce il fatto che in Sophie emerga costantemente la preoccupazione per gli altri: per il fratello, per il loro amico e soprattutto per i genitori: “Che farete a loro? Li metterete in carcere?”.
Prima della visione del film siamo stati invitati a porre l’attenzione sulla presenza della luce, che è un elemento sempre presente ed evidente.
Io vorrei sottolineare anche un altro elemento che mi ha colpito molto: lo SGUARDO di Sophie.
C’è qualcosa di fiero in quello sguardo, in quegli occhi, che tengono testa allo sguardo di Mohr durante gli interrogatori; quegli che non si abbassano per vergogna o per paura perché come dice il Salmo 92: «Ecco, i tuoi nemici, o Signore, ecco, i tuoi nemici periranno, saranno dispersi tutti i malfattori. Tu mi doni la forza di un bufalo, mi cospargi di olio splendente. I miei occhi disprezzeranno i miei nemici».
Quegli occhi di Sophie li abbiamo visti anche spesso rivolti al cielo, quel cielo dove, dirà alla fine, «il sole splende ancora». Non ho potuto far a meno di pensare alle parole del profeta Michea: «Ma io volgo lo sguardo al Signore, spero nel Dio della mia salvezza» (Mi 7, 7).
Noi ci auguriamo di non vivere niente di simile di queste esperienze drammatiche che tanti nostri fratelli hanno vissuto e che tanti altri purtroppo, in modi storicamente diversi, stanno vivendo. Pensiamo, ad esempio, ai tanti martiri nel nostro tempo, ai quali è tolta la vita per il fatto di essere cristiani!
Impariamo, però, in qualsiasi contrarietà e difficoltà della nostra vita, a volgere lo sguardo al Signore e a sperare nel Dio della nostra salvezza.
Impariamo a fare nostre le parole dei Salmi: “Dio è per noi rifugio e forza,
aiuto sempre vicino nelle angosce” (46). “Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra” (120).
Il Vangelo della Liturgia di oggi ci parla di Giovanni Battista che fissando lo sguardo su Gesù che passava lo addita ai discepoli come l’agnello di Dio.
Lasciamoci con questa domanda nel cuore: DOVE E’ FISSO IL MIO SGUARDO?